Il concerto inizia. Arrivano i primi suoni, le persone si avvicinano, la macchina del fumo spruzza getti grigi su cui rimbalzano luci intermittenti. I colori si alternano: rosso, blu, verde. Le persone continuano a mutare colore e forma, avvolti da un fumo sempre più fitto che ne sfuma i contorni. Yao inizia a cantare.
I suoni continuano sempre più forti, il fumo è sempre più spesso e le luci sempre più intense, raggi luminosi che attraversano la nebbia come fulmini ovattati. Yao continua a cantare.
Si susseguono le prime canzoni. la stanza è ormai annebbiata, l'udito è confuso da suoni che si fondono con luci e il tatto è ormai dissolto nel fumo opprimente. Mettere a fuoco è quasi impossibile, vado a istinto, fidandomi di ciò che vedo tra un lampo di luce e l'altro. Yao continua a cantare.
Ormai l'atmosfera è quella di un rito sciamanico. La gente balla, urla. Fa troppo calda per i vestiti invernali. Ho bisogno di una pausa. Esco a prendere aria. Quando torno Yao è ancora lì. Yao è ancora lì a (in)cantare.
Finalmente trovo il ritmo, gli scatti iniziano a entrare in risonanza con i suoni. Ma Yao si ferma. Prende in mano il microfono e si ferma. Il viso è solcato dalla fatica e da una forte emozione.
Premo il grilletto e scatto.
Sarà lo scatto che conterrà la serata intera.